Qualche anno fa tutti in riga per la nascita del redditometro. A lungo andare tuttavia l’attenzione su questo particolare strumento era andato scemando. Così come la sua funzionalità dalla nascita ad oggi è calata. Questo soprattutto all’indomani del Decreto Dignità delle sue novità in materia di tributi. Tuttavia si sospetta che a breve termine esso possa tornare ad occupare un posto di fondamentale importanza in quella che è l’attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate nei riguardi di contribuenti, partite IVA, lavoratori dipendenti e pensionati.

Ormai lontano il periodo in cui venivano spedite oltre 35.000 lettere dal Fisco. Era il 2013 e tutti i contribuenti si mantenevano sul chi va là per paura di essere interessati dallo strumento di accertamento.

All’epoca, il Fisco accelerò i tempi e nelle 35.000 lettere inviate ai contribuenti selezionati con il Redditometro indicando subito la data del primo appuntamento in cui il soggetto interessato potesse dare le prime spiegazioni sullo scostamento che emerge tra spese fatte e reddito percepito.

Ad oggi resta comunque il fatto che, se il contribuente per qualsiasi motivo non potesse rispettare la data indicata nella lettera, avrà tempo quindici giorni dalla ricezione della comunicazione per recarsi agli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

Cos’è il redditometro

A volerlo definire, il redditometro rappresenta un valido strumento di accertamento sintetico attraverso il quale l’Agenzia delle Entrate, sfruttato i dati raccolti circa il contribuente, compie una analisi sui redditi dichiarati dal contribuente e spese sostenute.

I controlli da redditometro hanno lo scopo di stabilire la base induttiva del reddito totale dei contribuenti persone fisiche. L’analisi parte dalle notizie inerenti al nucleo familiare per passare poi alla zona geografica di provenienza.

A chiarire il funzionamento del redditometro è stata anche l’ultima circolare a riguardo, pubblicata dall’Agenzia delle Entrate, la numero 24/E del 2013, che ha chiarito le modifiche apportate a questo strumento a seguito del Decreto Anticrisi (DL 78 del 2010).

Per stabilire in modo presuntivo il reddito, l’Agenzia delle Entrate passa al setaccio le spese e i beni posseduti dal contribuente, in maniera tale da stabilire gli importi che in maniera trasparente andrebbero indicati in dichiarazione.

Il principio molto semplice che si pone come base fondamentale del redditometro è uno. In pratica se un contribuente rende dichiarazione di avere 100 non può poi a conti fatti spendere 200.

Il procedimento per il redditometro

Le Raccomandate arriveranno soltanto a contribuenti per i quali emerge uno scostamento, tra reddito dichiarato e spese effettuate, superiore almeno del 20%.

L’accertamento sintetico avverrà in due tappe: la prima, con la data dell’appuntamento già fissata nella lettera, servirà per i chiarimenti.

Nel caso in cui ci siano delle spese di entità superiore al reddito, al di sopra del 20%, il contribuente dovrà dunque spiegare la provenienza dei soldi che non emergerebbero dal reddito.

È evidente che per in questa prima fase può tornare utile portare tutta la documentazione con la quale si è in grado di dimostrare la provenienza di quelle somme.

La prima fase in ogni caso è solo interlocutoria. Serve all’Agenzia delle Entrate per capire se è necessario procedere all’accertamento vero e proprio e questa seconda fase scatta solo se le spiegazioni (e l’eventuale documentazione) date nel primo incontro all’ufficio fiscale non sia stata del tutto soddisfacente.

E’ bene ricordare infine che nella selezione dei contribuenti il Fisco prenderà in considerazione solo le spese certe, quelle che in altri termini risultano dalle banche dati o dalle stesse dichiarazioni del contribuente. Le spese correnti, quelle calcolabili in base alla media Istat, entreranno in gioco invece solo in un secondo momento, nel caso in cui le spiegazioni del contribuente non siano soddisfacenti e si proceda al vero e proprio accertamento.